martedì 30 dicembre 2014

Poesia di Capodanno II parte

LA POESIA DEI RUOLI A BORDO - Parte II
Il drizzista, i sail trimmer e il randista

Appena più a poppa armeggia il drizzista. Lui è un flemmatico pianista. Dalle sue tastiere sgorga una musica strana, intonata con la sola intensità del vento. Pignolo come un farmacista, tormenta continuamente le sue drizze, le lunghe corde delle sua enorme arpa. Prima le tira, poi le molla, quindi le cazza un poco. Il suo lavorìo è eterno, alla costante ricerca della tensione perduta. Trascorre intere boline ad accordare le sue drizze, ma appena si avvicina all’intonazione ottimale, la vela deve essere ammainata ed il certosino lavoro iniziato da capo. Quando si arriva in boa poi, il laborioso musicista diventa Figaro: tutti lo vogliono, tutti lo cercano. Deve issare lo spi con una mano, ammainare il genoa con l’altra, lascare base randa con la bocca e filare quattro centimetri di drizza col piede.


Ma alle spalle del pianista, sempre pronti a coglierne il più piccolo errore, vivono loro, i famigerati sail trimmer. Loro sono due romantici visionari. Vivono prigionieri di un utopia, riprodurre la forma ideale, quella che da piccoli videro in sogno. Da allora osservano le vele in struggente contemplazione, si compiacciono della forma ottenuta, avanzano il punto di scotta di due millimetri, lascano un pizzico il meolo del genoa, pretendendo l’ennesima regolazione alla drizza. Sono fatti così, sono i depositari dell’ “ala perfetta”. Ma dove raggiungono l’apoteosi, è quando si gonfia lo spinnaker. L’ enorme pallone gonfiato racchiude a stento la smisurata autostima che i due rabdomanti del vento hanno di se. E più sono tronfi, più le cuciture si tendono nello sforzo vano di contenere tanta sapienza.

Alle loro spalle siede il povero randista. Lui ha tra le mani un problema grosso come una casa. Tira su il carrello, lasca la scotta, cazza il vang, pizzica il cunningham ma non c’è niente da fare, il riverbero del sole sulla randa continua a dargli noia. Il randista è come un pescatore che ha preso un pesce enorme. Cerca di sfiancarlo ma la sua è una lotta impari, in cui la bestia non si arrende mai. A lui è capitata la più grossa sfortuna: gestisce il timone che la barca ha nel vento ma a differenza di quello vero, che sta ben nascosto sott’acqua, il suo, tutti lo vedono. E ognuno dice la sua. Più il vento sale, più i consigli aumentano: su di carrello, cazza la base, prendi il paterazzo. Ogni filo d’aria offre all’equipaggio l’atteso pretesto per tormentarlo. Di poppa o di bolina, di lasco o di traverso il supplizio non ha tregua. La sua vela, l’immane randa, è infatti come la iella: non si ammaina mai.

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